Per impostazione culturale abbiamo assorbito l’idea che educare significhi riuscire a farsi obbedire. E ci viene difficile immaginare altre strade, magari più piacevoli ed efficaci, per ottenere risultati migliori. Saremmo pronti, per esempio, a riconoscere il giocare con i figli come un’occasione formativa? L’educazione dolce passa anche da qui.
Per noi “grandi” la vita si snoda tra spostamenti, lavoro, familiari, casa, eccetera. Giocare, fantasticare, crearsi amici e mondi immaginari sono attività che percepiamo più affini ai piccoli e in cui fatichiamo a partecipare. Eppure recuperando il linguaggio del giocare, comunicheremmo in maniera più efficace con i nostri figli. E forse riusciremmo a trasmettergli più cose di quanto non facciamo normalmente.
Perché è importante imparare a condividere il gioco con i bambini? E come trasformarlo da un semplice “passatempo” in un autentico spazio formativo?
Figlio mio, conosciamoci meglio!
Per tanti anni, prima di diventare una mamma “attempata”, mi è capitato di osservare diverse famiglie (se vuoi sapere perché, leggi qui). Guardandole dall’esterno si percepiva chiaramente la fatica dei genitori nel gestire i propri figli in un contesto pubblico.
Talvolta sembrava proprio che tra di loro non si conoscessero. Come se quei bambini gli fossero stati affidati da qualcun altro dieci minuti prima e non sapessero cosa farci.
A pensarci bene non è poi così strano. I genitori spesso lavorano entrambi e, per la maggior parte del tempo, i bambini vengono affidati ad altre figure: nonni, babysitter, scuola. Senza contare i corsi a cui sono iscritti per imparare lingue straniere e sport di gruppo.
Tutta questa sovraesposizione di impegni ha sacrificato una cosa utilissima e al contempo spaventosa: il vuoto. Ovvero i momenti da trascorrere insieme, ore o giornate veramente libere in cui poter creare rapporti e connessioni. In due parole: conoscersi meglio.
Trovare questi momenti di vuoto non è poi così difficile. Certamente ci saranno altre cose da sacrificare, ma quel che si guadagna alla fine del percorso non ha prezzo.
Tuttavia, una volta trovato il tempo, come possiamo trasformare il gioco in un momento educativo? Ovvero, in che modo il giocare con i figli può tornarci utile? Per esempio affinché rimettano a posto i giocattoli. O si decidano ad alzarsi la mattina. Oppure rinuncino a gettarsi da ogni letto a castello che trovano, mentre stiamo visitando un negozio di mobili.
Riscoprire come giocare, per farlo con i nostri figli
Prima di tutto occorre recuperare il linguaggio del gioco. Perché, come ogni cosa seria, anche giocare con i figli prevede un linguaggio specifico. La cosa più facile è che questo linguaggio non dobbiamo impararlo da zero, ma va solo recuperato dalla nostra memoria.
Famiglia, lavoro, responsabilità ci hanno fatto dimenticare che in un tempo non lontanissimo anche noi siamo stati bambini. Anche a noi piaceva giocare, esattamente come piace ai nostri figli. Quindi ciò che dobbiamo fare è ricordarci di quel bambino che trascorreva le ore facendo correre le macchinine nel corridoio. O della bambina che inventava amici immaginari e passava in loro compagnia interi pomeriggi.
In questo modo il figlio o la figlia che abbiamo davanti non saranno più le piccole persone che dobbiamo educare, ma compagni di gioco. Senza dimenticare che noi per primi, pur giocando a fare i bambini, restiamo sempre i genitori. In questa maniera rimettere a posto i giocattoli può diventare una gara a chi fa scomparire per primo gli oggetti. Oppure il momento in cui i giochi vanno a nanna, se decidiamo di farlo prima del riposo notturno.
Oppure il risveglio del mattino si può trasformare in una sorpresa quotidiana che regali curiosità e voglia di cominciare la giornata.
Conclusioni
Togliere del tempo a corsi, percorsi e, perché no, anche al lavoro può aiutare noi genitori a conoscere meglio i nostri figli e a creare con loro un linguaggio intimo e condiviso. Solo così riusciremo a costruire un vero legame dove, per capirsi, può bastare uno sguardo senza che dietro ci sia la paura della punizione.
Certamente questa conoscenza deve avvenire, perlopiù, all’interno delle pareti domestiche, perché è il luogo che il bambino percepisce come familiare. Tuttavia i suoi effetti si estenderanno anche all’esterno, quando li portiamo in un negozio o a casa di altre persone. Sapremo meglio come gestirli, per il semplice fatto che li conosceremo meglio e il giocare non ha confini. Ci saremo riabituati al linguaggio del gioco e lo potremo usare sempre e ovunque. Perché ogni luogo, anche il più inaspettato, può diventare l’ambiente ideale per divertirsi e giocare.
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