Sebbene sia la scelta più naturale in assoluto, l’allattamento al seno non è sempre la strada che viene prescelta dalle neomamme.
Alcune donne decidono autonomamente di ricorrere al latte artificiale. Altre, pur desiderando allattare al seno, cambiano idea nei primi mesi di vita del neonato. I numeri sono significativi. Da un 67% di donne che cominciano l’allattamento, la quota si riduce al 47% al terzo mese di vita del bambino.
Benché l’OMS consigli l’allattamento fino ai due anni, nella realtà le donne smettono ancora prima dell’anno.
(dati riferiti alla Lombardia: Ministero della salute)
Perché molte donne rinunciano all'allattamento al seno?
Spesso le persone della nostra famiglia cercano di aiutarci e consigliarci come possono. Sfortunatamente non tutti sono dei consulenti d’allattamento e, sentendo il bambino piangere continuamente, instillano il dubbio che qualcosa stia andando storto. In poco tempo quello che era un subdolo timore comincia a diventare una certezza: il latte materno da solo non basta.
Il primo passo è la cosiddetta “giunta”, un innocuo biberon di latte in polvere, una volta al giorno. In breve il bambino comincia a rifiutare il seno e la giunta diventa il nutrimento principale.
Eppure sarebbe il caso di considerare il latte artificiale come ultima ipotesi possibile. Questo perché il latte materno e l’allattamento al seno soddisfano almeno due bisogni fondamentali del bambino: il nutrimento e il contatto pelle a pelle.
Inoltre, attraverso l’allattamento a richiesta, la mamma comincia ad affinare quella capacità di osservazione che le permette di cogliere i bisogni del bambino. Osservare, capire e intervenire sono tre passaggi fondamentali nell’educazione dolce.
Allora, quali sono le 4 cose che occorre sapere prima di abbandonare l’allattamento al seno esclusivo?
#1: dopo la poppata non smette di piangere!
Ero ancora in ospedale che già volevo mandare al diavolo la mia idea di allattarlo al seno. Yussef, mio figlio, continuava a piangere e io, che non sapevo nulla di “bambini appena nati”, mi dannavo a chiedermi perché.
Prima di lasciarci soli l’ostetrica mi aveva salutata con queste parole. “Allattalo ogni 3 o 4 ore, per 15-20 minuti”.
Oggi mi sembra incredibile che mi sia stato detto, eppure è la verità! Temendo di inzepparlo all’eccesso, mi attenevo scrupolosamente a ciò che mi aveva consigliato. E attribuivo il suo pianto a qualcosa di misterioso che non potevo afferrare.
Coliche? Scatti di crescita? Capricci? Tutto mi appariva plausibile, meno che la fame.
Invece il poverino aveva proprio fame. E l’ho capito quando ho scoperto il mondo dell’allattamento a richiesta. Nell’allattamento al seno non esistono orari e tantomeno esiste il rischio di indigestione. Quando il bambino piange bisogna offrire il seno, senza guardare l’orologio. Questo almeno per i primi 30-40 giorni di vita.
Talvolta il pianto può essere legato non solo alla fame, ma anche al bisogno di essere abbracciato. In questo senso l’allattamento al seno diventa un calmante naturale, un modo per consolarsi e superare un suo piccolo momento di smarrimento.
#2: si attacca, si stacca e non smette di piangere!
Se la maggior parte delle volte il seno rilassa il piccolo, capita anche che lo irriti. Quando il bambino ha pochi giorni o mesi di vita, i suoi bisogni si riducono a due: mangiare e dormire. Di volta in volta prevale l’uno o l’altro e spesso comincia mangiando, per finire dormendo.
Capita però che i due bisogni entrino in conflitto tra loro: ha sonno e fame, ma non riesce a decidere cosa sia per lui più urgente.
Il bambino si attacca, ma si vede che è nervoso. Si stacca, piange, cerca di attaccarsi nuovamente, ma piange ancora.
Ricordo che quando mi capitava andavo in tilt e mi disperavo. Finché ho collegato questo evento al momento della giornata in cui avveniva: il tardo pomeriggio.
Rispetto al biberon, la suzione dal seno è molto più impegnativa e meno redditizia. Quindi è naturale che a un certo punto della giornata il bambino si stanchi.
Per risolvere questa situazione ho trovato due maniere, entrambe valide.
1. Nel momento in cui manifestava questo nervosismo, lo prendevo in braccio e lo cullavo. Naturalmente non si addormentava, ma distraendolo dal suo “duro lavoro di ciucciolo”, poi ricominciava con più entusiasmo. Una sorta di pausa caffè.
2. Durante la giornata raccoglievo il mio latte con il tiralatte e poi glielo facevo bere alla poppata delle 19.00 con un biberon che simuli la suzione al seno.
#3: allattandolo al seno mi ha massacrato i capezzoli!
Quando hai i capezzoli pieni di piaghe pensi con molta apprensione al momento della poppata!
Fortunatamente non è una condanna a vita. Facendo attaccare il bambino nel modo giusto, è un problema da principianti che una volta risolto non si presenta più.
Prima di fare qualunque altra cosa, occorre curare le piaghe in due mosse.
1. Il latte materno, oltre ad avere una lunghissima lista di cose positive, è anche un ottimo cicatrizzante. Così potente che mi è capitato di usarlo persino in occasione della circoncisione di Yussef.
Esercitando una leggera pressione sul seno, fai uscire un po’ di latte, spalmalo sul capezzolo e lascialo asciugare. Nel giro di pochi giorni le piaghe si riassorbiranno.
2. Continuare ad allattare al seno peggiorerebbe la situazione, se il problema è già a uno stadio avanzato. Per qualche tempo è consigliabile mettere a riposo la tetta e ricorrere all’accoppiata vincente tiralatte-biberon.
In questo caso è meglio usare un biberon che simuli la suzione al seno. Io ho usato quello della Medela e mi sono trovata molto bene.
Per evitare che il problema si ripresenti, è necessario capire la maniera in cui il bambino dovrebbe succhiare. Una volta che ci avrete, tu e lui, preso la mano, i capezzoli non saranno più un problema.
#4: con l'allattamento al seno a richiesta non riesco ad alzarmi più dal letto!
O dalla poltrona, a seconda del luogo che si è scelto.
Vedersi giorno dopo giorno sempre più spettinata e sciatta non fa piacere a nessuna. Tantomeno dover correre per andare in bagno o sognare per giorni e giorni di potersi fare una doccia.
Ho due belle notizie. La prima è che non sei sola e per la regola del mal comune mezzo gaudio, dovresti già sentirti meglio.
La seconda è che non durerà per sempre, ma solo per i primi 30-40 giorni.
In questo lasso di tempo il neonato diventerà necessariamente il tuo “piercing al capezzolo”. Ma appena si sentirà pronto, diraderà le poppate e a quel punto potrai persino programmare una velocissima doccia. Per la depilazione si dovrà attendere qualche altra settimana. Per la messa in piega non preoccuparti: appena potrai corri dal parrucchiere a farti tagliare i capelli a zero!
Questa è una leggenda metropolitana…neonamme e capelli lunghi non sono inconciliabili. Basta scegliere il prodotto giusto!
Come ogni altra cosa, anche l’allattamento al seno è una pratica con cui occorre fare esperienza.
Quando hai preso la patente guidavi come un pilota di Formula 1? No! Eppure adesso su una strada lunga e dritta con il limite a 50 all’ora devi trattenerti dall’andare a 150.
La stessa cosa è l’allattamento: al principio sembra tutto difficile e verrebbe tanto voglia di gettare la spugna. Tu sei stanca e lui sembra non trarre alcun giovamento da tanti sacrifici.
Eppure è una situazione destinata a regolarizzarsi in un lasso di tempo relativamente breve. Trascorso questo “periodo di assestamento” tutto sarà più facile e la poppata diventerà un momento solo vostro. Un tempo che lui o lei potrà condividere esclusivamente con te e nessun altro.
Un’ultima cosa. Se lui piange e tutti in famiglia ti implorano di dargli del latte in polvere, tu aspetta. Monitora la giornata: se bagna 5 o 6 pannolini di pipì e almeno uno di cacca, non c’è nulla da preoccuparsi.
Non stare a pesarlo prima e dopo la poppata perché il seno non è graduato come un biberon. A volte è più pieno, a volte meno. Pesalo una volta a settimana. Se aumenta come dovrebbe, non c’è nulla da preoccuparsi, anche se magari la cacca la fa un giorno si e uno no.
Adesso ho finito (più o meno)…vi auguro buona poppata!
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